Introduzione
Nell’articolo precedente abbiamo analizzato 7 soluzioni acustiche per gestire il rumore negli open space mantenendo luce e trasparenza con casi reali tratti da progetti Mastruzzi.
Se te lo sei perso, clicca qui per poterlo leggere.
In questo seguito passiamo dal cosa fare al come scegliere: quando conviene un intervento rispetto a un altro, quali combinazioni funzionano davvero, come impostare obiettivi misurabili e una roadmap che non blocchi l’operatività.
Il quadro di riferimento: esperienza, standard e casi reali
Le ricerche internazionali sul workplace mostrano che le aziende ottengono le performance migliori quando offrono varietà di spazi e controllo delle distrazioni, inclusa l’acustica e l’adozione di soluzioni acustiche efficaci: le persone scelgono la postazione in base al compito e lavorano meglio.
È un fil rouge che ha guidato anche il nostro primo articolo e che torna nel processo decisionale: scegliere le soluzioni acustiche e gli interventi giusti significa allineare comfort, produttività e immagine del brand..
Sul piano tecnico conviene fissare obiettivi verificabili. Il protocollo WELL indica per gli open workspace un tempo di riverbero (RT60) pari a 0,5 s, soglia pratica per contenere l’eco e l’intelligibilità indesiderata del parlato.
La ISO 22955 propone criteri progettuali specifici per gli open office (dalla scelta dei materiali al layout), mentre ISO 3382-3 definisce parametri e metodi di misura in situ come distanza di distrazione e decadimento spaziale del parlato, utili per valutare privacy e qualità dell’ascolto.
In sintesi: WELL aiuta a fissare i target di comfort, ISO 22955 guida le scelte in progetto, ISO 3382-3 consente di misurare e dimostrare i risultati.
I progetti realizzati da Mastruzzi aiutano a tradurre i principi in pratica, trasformandoli in soluzioni acustiche concrete e misurabili:
- il ridisegno del soffitto nel call center Numero Blu (Roma) per domare il riverbero;
- le Acoustic Room in Replica Sistemi (Mantova) per ottenere privacy on-demand;
- la combinazione pareti vetrate e superfici morbide in SoftJam (Milano);
- l’integrazione tra partizioni vetrate e divisori fonoassorbenti in Almaviva (Bruxelles) per contenere la trasmissione laterale della voce.
Come scegliere: quattro problemi ricorrenti (e soluzioni acustiche che funzionano)
1) Riverbero alto e parole che “si perdono” nello spazio
Segnale tipico: eco diffuso, voci che rimbalzano, fatica nel capire chi parla anche a breve distanza. In questo scenario la leva principale è adottare soluzioni acustiche di assorbimento.
Il pacchetto di soluzioni acustiche più efficace parte da pannelli a parete sulle superfici dure libere e prosegue con baffle/isole a soffitto che intercettano il suono dall’alto; si completa con tessili tecnici: moquette nelle zone di passaggio e tende a tutta altezza davanti alle vetrate. In volumi ampi il trattamento dall’alto offre copertura uniforme senza ingombro a terra.
L’esperienza di Numero Blu conferma il beneficio immediato sulla chiarezza delle conversazioni. Imposta come traguardo un RT60 ≈ 0,5 s negli open workspace, in linea con WELL.

Tempi e impatto operativo: pannelli e tessili si installano in giorni, spesso a ufficio aperto. Gli elementi sospesi richiedono coordinamento con impianti e sprinkler ma garantiscono il miglior rapporto copertura/tempo in ambienti alti.
Budget: medio. Modulabile per lotti, con payback rapido in termini di intelligibilità e comfort percepito.
2) Conversazioni incrociate tra team contigui
Qui la priorità è adottare soluzioni acustiche che schermino e isolino il parlato tra zone adiacenti, mantenendo luce e linee visive. Due strumenti funzionano in sinergia: pareti vetrate per sale riunioni e focus room, e schermi fonoassorbenti tra le postazioni (con sopraluce in vetro).
Il progetto Almaviva Bruxelles mostra bene come trasparenza e riservatezza possano convivere. Nei cluster ad alta densità aggiungi un sottofondo di sound masking per ridurre l’intelligibilità residua del parlato senza impatto visivo; gli standard riconoscono questa leva come complemento utile, purché progettata e tarata.

Tempi e impatto operativo: le partizioni vetrate richiedono progettazione e posa in settimane; gli schermi e il masking sono rapidi e scalabili.
Budget: medio-alto. L’investimento cresce con la superficie vetrata e il numero di sale, ma incide fortemente su privacy e qualità delle riunioni.
3) Tante call e videoconferenze che interrompono il focus
Serve creare privacy on-demand con soluzioni acustiche mirate. Le cabine acustiche autoportanti si installano in poche ore, si spostano all’occorrenza e offrono ventilazione, illuminazione e connessioni dedicate.
In Replica Sistemi le Acoustic Room, soluzioni acustiche plug-and-play, hanno consentito telefonate e micro-riunioni senza cambiare l’assetto dei team. Completa con sedute high-back e librerie schermanti lungo i percorsi per attenuare il passaggio del parlato.

Tempi e impatto operativo: minimi. Monti, colleghi e usi. Prevedi solo alimentazione elettrica e manutenzione periodica dei filtri.
Budget: a postazione. Costo unitario rilevante, ma effetto certo su continuità del lavoro e riservatezza.
4) Miglioramento diffuso, progressivo e “a ufficio aperto”
Quando vuoi risultati visibili senza cantiere, la strategia è adottare soluzioni acustiche leggere: ammorbidire il fondo sonoro con tessili tecnici (moquette modulare, tappeti, tende) e introdurre arredi fonoassorbenti (lampade acustiche, divanetti high-back, librerie schermanti).
Il progetto SoftJam Milano dimostra come queste soluzioni acustiche, coordinati con pareti vetrate, migliorino percezione, ordine e comfort. È anche la via ideale per sedi in affitto o in transizione.

Tempi e impatto operativo: rapidi e pianificabili per lotti, spesso fuori orario.
Budget: basso-medio. Ottimo rapporto impatto/costo, con estetica coerente al brand.
Tempi, budget e roadmap: come orchestrare il progetto
La chiave è misurare, prioritizzare e scalare. Parti da una diagnosi con misure strumentali (RT60, distanza di distrazione e decadimento spaziale del parlato) in linea con ISO 3382-3; definisci un capitolato con target WELL per tipologia di spazio e i criteri ISO 22955 per open office.
Con queste basi, suddividi l’intervento in fasi:
- pannelli e tessili per un beneficio immediato;
- partizioni vetrate e cabine dove serve privacy forte;
- sound masking per rifinire i cluster ad alta densità.
In ognuno step verifica i risultati: così allinei investimenti, tempi e benefici, senza forzare chiusure prolungate.
Decisioni di progetto: domande che riceviamo più spesso
Da dove parto, concretamente?
Inizia sempre da una diagnosi leggera ma strutturata: un sopralluogo per mappare attività, materiali e percorsi, qualche misura del tempo di riverbero (RT60) nelle aree critiche e un breve sondaggio interno su concentrazione e privacy. Questo ti consente di impostare soluzioni acustiche coerenti con l’uso reale degli spazi.
Con questi dati definisci obiettivi misurabili (es. RT60 in open space vicino a 0,5 s; miglioramento della “chiarezza” percepita nelle sale riunioni) e priorità per zone. Questa base evita interventi “a sensazione” e ti permette di valutare le soluzioni acustiche per rendimento, non solo per estetica.
Come leggo parametri come RT60, distanza di distrazione e decadimento spaziale?
Pensa all’RT60 come alla “coda” del suono: più è corta, meno rimbombo senti e più è facile capirsi. In open space il riferimento è abbassarlo fino a valori intorno a 0,5 s.
La distanza di distrazione indica a che distanza una conversazione resta comprensibile: ridurla significa che, a pochi metri, le parole non “arrivano” più chiare e smettono di distrarre. Il decadimento spaziale misura quanto velocemente il livello sonoro cala con la distanza: un decadimento più marcato aiuta la privacy, orientando la scelta di soluzioni acustiche mirate.
Non serve imparare le formule; serve fissare target semplici e verificarli dopo l’intervento.
Se il problema principale è il rumore negli open space, a cosa dò priorità?
Quando prevalgono brusio diffuso ed eco, adotta soluzioni acustiche di assorbimento: pannelli a parete sulle superfici libere, baffle o isole a soffitto nelle aree più affollate, tessili nelle zone di passaggio e tende davanti alle vetrate.
Se invece la criticità sono le conversazioni incrociate tra team, la priorità diventa soluzioni acustiche di schermatura e isolamento del parlato: schermi fonoassorbenti tra postazioni, focus room e sale riunioni con pareti vetrate a tenuta e, nei cluster più densi, un sound masking calibrato per abbassare l’intelligibilità residua.
Di norma la soluzione migliore è combinare le due leve, partendo dalle zone più rumorose.
Le pareti vetrate garantiscono davvero privacy?
Sì, se progettate come un sistema e non come “solo vetro”.
Il vetro stratificato con interlayer acustici limita la trasmissione del parlato; profili, guarnizioni e porte a tenuta evitano fessure che farebbero passare il suono; la presenza di superfici assorbenti nelle aree adiacenti riduce le riflessioni che “aggirano” la parete: tutti elementi che, combinati, costituiscono soluzioni acustiche efficaci.
Il risultato è una sala riservata ma luminosa, con continuità visiva e senza effetto scatola chiusa.
Quando convengono le cabine acustiche e quante ne servono?
Convengono quando il flusso di call è continuo e non vuoi costruire molte sale chiuse. Sono plug-and-play, si installano in poche ore e puoi spostarle quando cambia l’organizzazione.
Come ordine di grandezza, in open space con molte telefonate si parte da 1 cabina ogni 20–30 postazioni, affiancando sedute high-back o piccole alcove per le micro-riunioni.
La regola è dimensionare a partire dai picchi: se nelle ore centrali le call si accavallano, aggiungi una cabina in più piuttosto che costringere le persone a cercare silenzio altrove.
Il sound masking “aggiunge rumore”: non rischia di dare fastidio?
Il masking aggiunge un sottofondo molto uniforme e controllato che fa da “tenda acustica”: le conversazioni oltre pochi metri perdono intelligibilità e smettono di distrarre.
La chiave è la progettazione: livello adeguato (né troppo basso, né troppo alto), spettro sonoro corretto, taratura per fascia oraria e area.
Così il sistema si percepisce come neutro e migliora la privacy conversazionale, soprattutto nei cluster densi e in aree reception.
Come costruisco una roadmap senza fermare l’ufficio?
Lavora per lotti e per priorità.
- Primo step: interventi rapidi a massima resa (pannelli a parete nelle zone rigide, tessili nelle aree di passaggio).
- Secondo: funzioni riservate con partizioni vetrate o cabine nelle aree che lo richiedono.
- Terzo: ottimizzazione con sound masking dove la densità resta alta.
Ogni fase porta un beneficio percepibile e misurabile; puoi pianificare lavorazioni fuori orario o durante i weekend, limitando al minimo l’impatto sull’operatività.
E se ho vincoli edilizi, impianti a vista o un edificio storico?
I vincoli non sono un ostacolo, ma un criterio di progetto. In presenza di vincoli architettonici o impiantistici, prediligi soluzioni acustiche reversibili: pannelli autoportanti, baffle sospesi tra le reti impianti, tende acustiche, cabine e divisori mobili.
Nelle sale riunioni ricava la privacy con soluzioni acustiche come pareti vetrate a tenuta e soffitti fonoassorbenti modulari; nel resto degli ambienti distribuisci “isole” morbide (librerie, sedute high-back) per spezzare i percorsi del suono senza toccare strutture e finiture protette.
Manutenzione: cosa devo aspettarmi dopo l’installazione?
- Pannelli e controsoffitti richiedono pulizia periodica come il resto dell’ufficio;
- tessili e moquette vanno mantenuti con piani dedicati per preservare le prestazioni;
- le cabine necessitano sostituzione filtri e check della ventilazione;
- i sistemi di sound masking prevedono una verifica periodica della taratura, soprattutto quando cambiano layout e densità.
Inserire queste attività nel piano di manutenzione ordinaria garantisce prestazioni stabili nel tempo.
Con budget contenuto da dove ottengo il massimo risultato?
Intervieni dove l’euro rende di più: pareti libere vicino ai cluster di scrivanie, percorsi principali e superfici vetrate che generano riflessioni.
Un mix di pannelli a parete ben dimensionati, moquette modulare nelle aree di passaggio e tende tecniche a tutta altezza spesso cambia subito la percezione.
Se il problema sono le call, valuta almeno una cabina strategica; se il brusio resta alto, pianifica una seconda fase con baffle o masking.
Conclusione
Una sede che “suona bene” è più produttiva, più confortevole e più coerente con l’immagine che vuoi trasmettere a clienti e candidati. Definire obiettivi misurabili, scegliere soluzioni acustiche mirate e procedere per fasi ti consente di trasformare il rumore negli open space in un fattore sotto controllo, con ritorni concreti su focus, efficienza e benessere.
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